Impiego

La gestione del tempo nella luppolatura a freddo

La luppolatura a freddo è una pratica corrente nell’industria della birra che è spesso associata ad alte perdite di birra e bassa efficienza di estrazione dell’aroma di luppolo nel serbatoio cilindrico-conico. Una delle variabili maggiormente discussa rispetto alla tecnica della luppolatura a freddo è quella del tempo di contatto del luppolo nella birra, chi preferisce tenere il luppolo solo un giorno, chi una settimana e chi poche ore, insomma ognuno ha il suo metodo. Alcuni test scientifici permettono comunque di trovare dei dati in materia, forniti dopo vari esperimenti di estrazione con tempistiche e variabili diverse. Tra gli studi effettuati, degni di nota i test di P.Wolfe e T.Shellhammer che sono stati fatti con una base di birra 100% Pale Ale con estratto di iso-α-acidi per uniformare la parte amara e luppolo Cascade, usato sia in pellet che in fiore, proveniente dalla stessa farm e pellettizzato dalla stessa azienda, in concentrazione di 380 g/hl aggiunti in fermentatori tronconici da 340L direttamente dal portello superiore seguiti da CO2; i quattro campioni prelevati per l’esperimento erano rispettivamente stati a contatto con il luppolo 6 e 24 ore e 4 e 12 giorni.

 

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I risultati mostrano come il tempo influenza in maniera differente l’estrazione dei vari composti del olio: da questi risultati iniziamo a capire che ogni composto (e conseguentemente ogni luppolo) ha un estrazione differente, ma come regola generale il lungo contatto tra birra e luppoli non è da vedersi come una pratica migliore, ma al contrario, per lavorare con maggiore efficienza è consigliato un tempo di permanenza di tre o quattro giorni. Altri test svolti, mostrano altre tre variabili da tenere in considerazione: la geometria del tank di fermentazione, l’agitazione della birra e la sua temperatura. È risultato che con la birra in movimento l’efficienza migliorava notevolmente e le tempistiche si riducevano fino ad estrarre la maggior parte degli idrocarburi terpenici e terpenoidi già dopo quattro/sei ore di contatto con i luppoli.
Alla luce di questi dati possiamo definire come maggiormente efficienti dal punto di vista dell’estrazione, tutti quei metodi di dry hopping in cui il luppolo è a contatto con la birra in movimento, poiché anche solo poche ore sono sufficienti a migliorare l’estrazione della maggior parte dei composti aromatici.

 

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Guardando alla geometria dei serbatoi di fermentazione invece in diverse ricerche viene affermato che più grande è il tank, minore è l’estrazione poiché il maggiore volume, fa diminuire la velocità di diffusione degli composti dell’olio all’interno dello stesso. Quindi nel homebrewing, dove i volumi sono molto piccoli le estrazioni sono decisamente più rapide.
In un altro esperimento della Hopsteiner viene invece valutato il cambiamento di estrazione in base alla temperatura a cui viene effettuato il dry hopping, dividendo un batch uguale e luppolandone una metà a 20°C e l’altra a 4°C.
I risultati indicano come, a temperature più basse, l’estrazione risulti più efficiente per i terpeni come mircene e α-umulene così come per gli alcoli monoterpenici come linalolo e geraniolo raggiungendo il picco di estrazione dopo solo quattro ore con agitazione e dopo due giorni senza agitazione. Si è notato però che a seguito di questa veloce estrazione, nei terpenoidi, la stessa quantità tende a decrescere molto rapidamente rispetto ai terpeni mentre dopo due settimane i livelli di concentrazione della maggioranza dei composti sono identici. Come si evince la luppolatura a freddo è una pratica tanto semplice quanto sconosciuta, con variabili difficili da controllare e con risultati difficili da prevedere, ma questi studi rappresentano un ottima base per capire cosa stiamo facendo quando effettuiamo dry hopping.

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